LA RELAZIONE TRA PUNK E POST-APOCALITTICO

 

Post apocalittico e punk: una relazione che ci accompagna da sempre.

“È vestito con pelle, borchie e ha una cresta colorata?
Allora è molto probabile che quello sia il cattivo dell’opera”.

Ma come è nato questo connubio?

Dobbiamo tornare agli anni ’60: momento di svolta per il mercato musicale, alla costante ricerca di nuovi talenti: i musicisti hanno una forte necessità di far sentire la propria voce e questo garantisce loro forza e purezza espressiva.

Il senso di ribellione e il disprezzo per tutto ciò che è mainstream si espande negli anni ’70: Ramones, Sex Pistols, Clash (solo per citarne alcuni) dominano la scena.
La musica inneggia alla disubbidienza e sbeffeggia ogni forma d’autorità. Combatte contro il sistema.

Lo stile punk si trasforma in un fenomeno dilagante e, paradossalmente, diventa moda.
Il suo stile viene anche rielaborato da sottoculture come rocker, biker e skinhead.
E proprio in questi anni arriva il punk cinematografico di Jubilee di Derek Jarman (un film surreale, dai tratti distopici). Un’apocalisse moderna con una sensazione di oppressione socio-politica che spingeva i punk alla rivolta.

Però è con Interceptor – Il guerriero della strada e Mad Max – Oltre la sfera del tuono, che si delinea meglio questa dinamica.

L’esperta costumista Norma Moriceau, incaricata di definire lo stile dei personaggi, aveva già lavorato sul set di “La grande truffa del rock’n’roll” (documentario che narrava la nascita, l’ascesa e il declino dei Sex Pistols).
La Moriceau, in accordo con Miller, decide quindi di fondere il post-apocalittico con l’ultimo decennio della sottocultura rock.

Uno stile che persiste ancora oggi.

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