“Corto Circuito” è un film di fantascienza del 1986 per la regia di John Badham, nonché (assieme al suo sequel del 1988) un caposaldo della programmazione televisiva per ragazzi degli anni ’90.
Il punto forte della pellicola, quello di cui tutti si ricordano e anche ciò per cui è stata investita la maggior parte del budget, è sicuramente il robot protagonista, Johnny 5, animato attraverso effetti speciali pratici (radiocomandi, suite di telemetria, etc.) per interagire realmente sul set con gli altri attori.
Il risultato fu molto convincente. E in effetti, a dirla tutta, forse complice anche il doppiaggio, da bambina, con quelle sorte di alettoncini che gli fanno da sopracciglia, lo trovavo decisamente molto espressivo.
La trama è piuttosto semplice, ma godibile: l’azienda NOVA Robotics ha costruito cinque prototipi di robot militari (con tanto di cannone laser sulla schiena) e, durante un temporale, il numero 5 viene colpito da un fulmine.
Il corto circuito sortisce lo strano effetto di dotare il robot di autocoscienza e, per una serie di coincidenze e vicissitudini, lo conduce fino a casa dell’ecologa Stephanie Speck.
Grazie a lei, Numero 5 comprende di essere “vivo”. Una tesi che però l’azienda rigetta, ritenendolo semplicemente un prodotto difettoso (e pericoloso) e preferendo optare per la sua distruzione.
Il robot e la sua nuova amica, aiutati dal Professor Newton (lo scienziato che l’ha progettato) sono quindi costretti a darsi alla fuga per evitare che il poverino venga “terminato”.
Ultima curiosità: il concept originale del film era vagamente ispirato a un racconto di Asimov intitolato “AL-76”, dove un robot minerario destinato alla Luna viene per sbaglio consegnato in una piccola cittadina rurale della Virginia.
Inizialmente spaesato, l’automa riesce poi ad andare molto oltre la sua originale programmazione proprio grazie alle esperienze vissute in un contesto diverso da quello per cui era stato pensato.