Siamo alla fine degli anni ’80: periodo di svolta per il fumetto americano, in particolar modo per quello relativo ai supereroi.
Ed è qui che si inserisce – tra tanti – anche Neil Gaiman, che proprio in quel periodo muoveva i primi passi nel mondo della narrativa.
Nel 1987 lo scrittore inglese viene coinvolto da Karen Bergen nella campagna di rilancio di diversi personaggi DC di seconda fascia e il progetto “Black Orchid” si sviluppa in modo del tutto originale.
Black Orchid, supereroina protagonista dell’omonima serie, è legata alle piante e alla natura: simboli di serenità e poesia che scaturiscono dal contatto più puro e sincero con la Terra. L’autore potenzia questi tratti per raccontare una storia che conduce a una riflessione sull’esistenza e sul desiderio di immortalità.
Già dalle prime tavole è chiaro il desiderio di voler andare oltre certi cliché della scrittura a fumetti e buona parte del merito va proprio al disegnatore, Dave McKean, con il suo stile pittorico surreale.
Una trama che si svolge tra il reale e l’onirico, con tematiche estremamente adulte che raccontano di abusi fisici e psicologici (sia in infanzia che in età adulta), relazioni tossiche e riflessione sull’esistenza stessa grazie alla metafora, seppur appena sfiorata, dell’ecologismo.