FONDAZIONE E TERRA

 

Fondazione e Terra è un romanzo di fantascienza dello scrittore Isaac Asimov.
È il quinto libro in ordine di scrittura del Ciclo della Fondazione mentre in ordine cronologico rappresenta il settimo ed ultimo racconto di questo lungo ciclo.
Pur essendo il seguito di L’orlo della Fondazione, può tranquillamente essere letto come libro a sé stante, come spiega lo stesso Asimov nella prefazione.

Qua sotto trovate i miei appunti sulla Fondazione:

I ROBOT
“I robot non hanno avuto alcun ruolo significativo nella storia umana dopo la scomparsa degli spaziali. Gaia non ha avuto alcun ruolo significativo se non di recente. Basterebbe una sola parola da parte di Trevize, un essere umano, per vanificare tutto quanto. Dunque, l’umanità è l’unica specie intelligente significativa della galassia.”
Ci sono davvero pochi scrittori che riescono a far trasparire l’anima del robot senza cadere in un inutile e melenso teatrino di “tenerezza meccanica”.
Per comprenderne a fondo l’importanza bisogna sicuramente leggere “Il ciclo dei robot” e, aggiungerei, di farlo prima del “Ciclo della Fondazione”.
Credo di essermi persa molti retroscena (che avrebbero arricchito la storia) ma questa mancanza non ha influito sul mio giudizio finale: i robot di Asimov si apprezzano perché sono reali.
Sembra di leggere una pagina del passato (o del futuro) dove viene narrata la loro storia e il rapporto con l’umanità.
C’è una scena, in particolare, che mi ha emozionato: un vecchio amico che ho incontrato molto volentieri e che speravo di rivedere prima della fine.

LA SCOPERTA
“Capì subito cosa avesse di strano la visiera. C’era del muschio che cresceva rigogliosamente nel punto in cui il vetro della visiera incontrava il tessuto metallizzato della tuta. Era orlata di lanugine verde e Trevize si rese conto che anche la sua doveva essere in condizioni identiche.”
Ho trovato una storia strutturata sull’avventura della scoperta.
La trama segue, in modo lineare la ricerca della Terra passando attraverso una serie di pianeti ognuno con le proprie particolarità.
I protagonisti non vengono più coinvolti in grandi raggiri ma affrontano la diversità dei nuovi mondi con le loro insidie finendo, molto spesso, in situazioni delicate.
Si pone l’attenzione non solo a “usi e costumi” differenti ma proprio sulla pericolosità di ecosistemi che vogliono preservarsi creando un fragile equilibrio interno.

LA TERRA
“Sai cosa avrei voglia di fare? Riportare te, Bliss e la bambina su Gaia e lasciarvi là. Poi mi piacerebbe andare su Terminus, restituire l’astronave e dimettermi dal Consiglio, così farei un enorme favore al Sindaco Branno. Infine, mi piacerebbe andare in pensione e lasciare la Galassia al suo destino, infischiandomene del Piano Seldon, della Fondazione, della Seconda Fondazione e di Gaia. La Galassia potrebbe scegliere da sola la sua strada.”
La parte dedicata alla Terra è davvero molto breve, quasi accennata.
Strano, per un libro incentrato sulla ricerca del pianeta d’origine, eppure perfettamente sensato.
Trevize dice spesso che: “Solo trovando la Terra avrà le risposte che cerca”.
Mentre io mi chiedevo spesso: “Perché, Trevize? Perché la cerchi dopo tutti questi anni? Che risposte vuoi che ti dia?”
In effetti, ciò che ho trovato (e avevo già notato nei libri precedenti) è che Asimov trova il valore nella ricerca.
Il continuo “trial and error” è la crescita stessa del personaggio.
Un po’ come succedeva con Hari Seldon mentre tentava si sviluppare la psicostoria.

GAIA VS TREVIZE
“L’intero è superiore alla somma delle parti.”
“Sì. Hai colto il motivo fondamentale dell’esistenza di Gaia. Tu, come individuo umano, sei composto da cinquanta trilioni di cellule.
Come individuo multicellulare sei più importante della somma individuale delle cellule. Su questo sarai d’accordo, mi auguro.”
Lo scambio di battute tra Trevize e Bliss è costante.
Il primo, rispecchia la natura umana in tutti i suoi pregi e difetti, nella violenza e, talvolta, nella “paura di ciò che è diverso e inspiegabile”.
Bliss, al contrario, ci mostra un punto di vista all’inizio difficile da accettare ma che diventa inevitabile, una volta compreso il senso di questo viaggio.
L’uomo colpisce ciò che non conosce, Gaia accoglie.
Forse è questo il più grande balzo dell’evoluzione.
“Lottiamo fra noi da tanto tempo che siamo abituati alle dispute più assurde e letali. Gli invasori, trovandoci internamente divisi, ci sottometteranno o distruggeranno.”

L’ORLO DELLA FONDAZIONE

 

L’orlo della Fondazione è un romanzo fantascientifico del 1982 di Isaac Asimov, facente parte del ciclo della Fondazione.
È il quarto libro del ciclo, scritto trent’anni dopo la trilogia originaria.
Nell’arco della narrazione si colloca come sesto dei sette.
Primo di Asimov a divenire un best seller, dopo quarantaquattro anni di scrittura e 262 libri.
Al suo esordio, ebbe tanto successo che per venticinque settimane rimase nell’elenco dei libri di fantascienza più venduti del New York Times.
Nel 1983 ricevette sia il premio Hugo sia il premio Locus come miglior romanzo.

Questi sono gli appunti che ho raccolto:

PRIMA FONDAZIONE
“Non permettere mai che il tuo senso morale ti impedisca di fare quello che è giusto.”
Nell’Orlo della Fondazione troviamo questa fazione potente e scaltra. La tecnologia li ha resi liberi e indipendenti da ogni cosa, perfino dal Piano Seldon.
Un volontario e lento distacco che ha emancipato un popolo stufo di dover dipendere da una “profezia” (anche se basata su calcoli e non sulla fede), che è consapevole del suo prestigio e ha voglia di rivalsa.
Una società che detesta l’ombra della Seconda Fondazione, di tutto ciò che possa controllarla e veicolarla come farebbe il padrone che stringe il guinzaglio del proprio cane.
Anche se il Sindaco Branno è una delle personalità che ho giudicato più spiacevoli dell’intero ciclo, ne ho capito a pieno le motivazioni, arrivando a giustificare quella che, a primo impatto, può essere giudicata come “fredda crudeltà”.

SECONDA FONDAZIONE
“Non fare niente a meno che tu non ci sia costretto, e quando sei costretto ad agire prima esita.”
Nel mio immaginario: un gruppo di pomposi individui che siedono attorno a un tavolo mandandosi impulsi mentali per comunicare modifiche del Piano Seldon che non esisterebbe senza pomposi individui che siedono attorno a un tavolo mandandosi impulsi mentali per comunicare modifiche del Piano Seldon.
C’è una parola, che secondo me, racchiude il concetto della Seconda Fondazione: controllo.
Il controllo che esercita (o prova ad esercitare) su tutto.
Non dico che sia un despota senza scrupoli e nemmeno che goda nel veicolare questo potere ma, di fatto, governa silenziosamente la Galassia.
Era ciò che voleva Hari Seldon, in fondo.
La Tavola degli Oratori, però, è gestita da uomini (straordinari, sì) ma pur sempre fallibili.
Le lotte e i tradimenti toccano anche loro come chiunque altro.
Anche in questo caso, ciò che li spinge ad agire è una nobile, ottima giustificazione.
Questo peso si fa sentire durante la narrazione.
Difficile a questo punto scegliere quale sia il male minore:
meglio essere guidati dalla tecnologia di un Nuovo Impero o lasciare che il piano Seldon gestisca ancora una volta il destino dell’umanità?
Gendibal, facente parte della Tavola, è in netta contrapposizione con il sindaco Branno eppure ho riscontrato un importante punto in comune tra i due: l’ambiziosità.

GAIA
“Chi è Gaia?”
Bliss apparve interdetta. “È semplicemente Gaia.”
Terza e ultima fazione.
Scopo e struttura del pianeta: chiaro e descritto con molta attenzione.
I concetti vengono ripetuti e analizzati secondo vari punti di vista, mai scontati o banali che aggiungono, ogni volta, un dettaglio in più alla narrazione.
Di Gaia non so se averne paura o esserne affascinata, non capisco se potermi fidare di lei o respingerne l’idea di base.

TREVIZE E PELORAT
“Dorme?”
“Finché lei parla, è escluso.”
Il rapporto tra questi due personaggi è, in assoluto, la dinamica che mi è piaciuta di più.
Ho trovato una piacevole ironia, parole semplici e dialoghi credibili.
Trevize, determinato e spigoloso e Pelorat, accomodante e dolce sono una coppia vincente perché compensano le mancanze reciproche e amplificano i loro pregi.
“Io sono un uomo abituato alla passività, Golan. Ho trascorso la vita chino su documenti. L’attesa è il mio mestiere. Lei invece è un uomo d’azione e quando le impediscono d’agire sta male.”
Ogni aspetto di questo rapporto mi ha appassionato (pur apprezzando di più il “vecchio” Pelorat), in loro compagnia la ricerca è stata ancor più avvincente perché si ponevano le stesse domande che mi facevo anche io.
Mi ha divertito sapere di non essere “l’unica” a tormentarsi con dubbi e perplessità.

LA CONTADINA
La vera determinazione l’ho trovata nel più insolito dei personaggi.
Sura Novi, donna semplice con una forte personalità che, confidandosi con Gendibal, aspira a diventare molto più di una semplice contadina.
“Tu vuoi fare la studiosa?”
Come poteva spiegare a una contadina ignorante che per diventare quello che i trantoriani chiamavano tedioso occorreva un certo livello di intelligenza, di educazione, di energia mentale?
“Io so leggere e scrivere. Ho letto interi libri dalla fine a anche dall’inizio. E c’ho voglia di stare tediosa. Non voglio fare la moglie del contadino. Non sto adatta ai campi. Non sposerò il contadino, non farò figli al contadino.”
“Che cosa farà nella vita, se non si sposa?”
“Starò tediosa. Non starò contadina.”
“E se non posso farla diventare una studiosa?”
“Allora non sto niente e aspetto di morire. Non voglio star niente nella vita, se non tediosa.”

SECONDA FONDAZIONE

 

Seconda Fondazione è un romanzo di fantascienza del 1953 di Isaac Asimov che chiude la trilogia originale del Ciclo delle Fondazioni.
“Ci sarebbe da dire molto di più sul Mulo e sul suo impero, ma la maggior parte delle notizie sono poco pertinenti alla storia che vogliamo raccontare”.
Così si apre il libro e mi si stringe lo stomaco.

Ecco i miei appunti:

LA MENTE
“Le conclusioni ti sembreranno ovvie. Noi dobbiamo trovare un mondo che si governa per mezzo delle capacità mentali e che, tuttavia, è molto arretrato da un punto di vista scientifico.”
La Seconda Fondazione viene presentata e spiegata con un sistema di narrazione “laterale” che ho capito essere lo stile di Asimov.
Mentre la trama si sviluppa e i protagonisti provano a studiare questa misteriosa “associazione”, troviamo scorci sempre più specifici che ci mostrano quanto la Prima Fondazione sia sulla buona strada/stia sbagliando.
Originale e curioso il modo in cui i mentalisti comunicano, spiegando come il contatto emotivo sia già insito nella natura umana e non qualcosa di precluso a determinate specie.
La parola, infatti, permette di esprimere emozioni ma non di rappresentare le sfumature del pensiero umano (creando, talvolta, delle conseguenze disastrose).
Mi piace che si parli in modo scientifico di qualcosa di così astratto, chiarendo come la semantica, la logica simbolica e la psicanalisi siano stati tutti tentativi per raggiungere una migliore comprensione e liberarsi, una volta per tutte, della parola.

NON SO CHI SEI
“Perché gli altri tardavano? Che cosa rendeva il Mulo così sicuro? Che cosa nascondeva il suo nemico? Se solo avesse potuto conoscere le sue intenzioni.”
In un universo popolato da mentalisti, la paranoia regna sovrana.
Sì, perché è impossibile capire, se i propri alleati sono controllati o influenzati in qualche modo.
Se agiscono perché vogliono o per forzature indotte che, per quanto lievi possano essere, risultano comunque spiacevoli.
E allora via, con piani sempre più intricati e raggiri che, non avevo mai trovato così fitti e al limite della nevrosi.

SPIEGAZIONI
“Ho paura di essermi espresso con un’altra metafora.”
“Continua.”
“L’abbandono di ogni sforzo, la crescente inerzia, il lasciarsi trascinare verso una cultura decadente e edonistica significano la rovina del Piano. Devono ritrovare la spinta.”
Arrivata a questo punto ho capito perché Asimov non risulta mai complesso pur spiegando concetti articolati.
Nei film troviamo sempre dialoghi dove lo scienziato di turno inizia con il “technobabble” (l’uso di termini fantascientifici per rendere l’espressione di una tecnologia molto avanzata e incomprensibile per i non esperti nel settore) salvo poi essere sostituito dal simpaticone che in due parole riassume il concetto.
Qui è leggermente diverso e meno molesto.
Di solito Asimov pone il dialogo tra due personaggi trovando pretesti perché uno spieghi all’altro subito, fin dal principio, l’argomento trattato nel modo più chiaro e comprensibile.
Evitando così che si saltino paragrafi interi di parole vuote.

SUSPANCE
“I vari spiragli che minacciavano la segretezza della nostra ubicazione non vennero notati perché Seldon aveva parlato del ”capo opposto della galassia” a modo suo, mentre gli altri l’avevano interpretato a modo loro.”
Mai avrei immaginato di ritrovarmi fino all’ultimo capitolo con una piacevole sensazione di stupore giocata su incomprensioni e segreti.

CHIAMATEMI ARCADY
“Quanti anni ha sua figlia?”
“Quattordici compiuti l’altro ieri.”
“Quattordici? Per la galassia… Mi dica, ha intenzione di sposarsi un giorno?”
“No, che io sappia.”
“Bene, se mai le venisse in mente, gli spari, intendo dire, spari al giovane che la sta per sposare.” Guardò l’altro negli occhi “Dico sul serio. Sarà terribile vivere con lei quando avrà vent’anni. Non voglio offenderla, dottore.”
Arcady: scrittrice determinata e impavida.
Uno dei personaggi che mi è piaciuto di più perché sveglia e irrequieta.
Ho trovato anche uno spiccato senso dell’umorismo legato alle sue battute che mi hanno fatto sorridere più di una volta.
Sembra dia leggerezza alla storia ma, in realtà, è l’ennesima pedina ben piazzata nel grande Piano.

LA – QUASI – RIVINCITA DEI CATTIVI
“Ci volle meno di un secondo per operare il cambiamento.”
Il punto critico dell’antagonista è quasi sempre l’eccesso di sicurezza.
C’è da dire, a discolpa del Mulo, che lui è davvero un mentalista dalle incredibili capacità, perciò mi sento di giustificare la sua presunzione.
Le sue debolezze mostrano il lato più umano di un cattivo che, senza dubbio, verrà ricordato nella storia della Fondazione.

FONDAZIONE E IMPERO

 

Fondazione e Impero è un romanzo di fantascienza di Isaac Asimov del 1945, il secondo volume della Trilogia della Fondazione.
Il Mulo (The Mule), seconda parte del romanzo, ha vinto nel 1996 il premio retro Hugo per il miglior romanzo.
Credo che le vicende del “Mulo” siano le mie preferite, in assoluto.
Mi sono resa conto di aver raccolto appunti che riguardavano solo quel personaggio, l’uomo che ha portato il caos nell’ordine istituito dalla Fondazione.

Quindi, ecco l’unico punto che toccherò:

IL MUTANTE
“Ormai avevo sopportato per più di ventidue anni, ora toccava a me. Sareste stati voi adesso a dovermi sopportare.”
“Il Mulo” sta minacciando la quiete della Fondazione, ora ricca e prospera.
Ma che importanza può avere un solo uomo contro un’organizzazione così potente?
Eppure la sua fama cresce.
Si è parlato molto, nei libri precedenti, del piano Hari Seldon.
E ora ci troviamo davanti a un altro punto di svolta: l’ennesima Crisi da scongiurare.
Hari compare come ologramma, imperturbabile, mentre una folla di scienziati lo ascolta pendendo dalle sue labbra.
Per loro statistica e matematica guidano il destino della galassia.
Ma succede qualcosa d’insolito: per la prima volta Hari sbaglia previsione e le cose non vanno secondo i piani.
Immaginatevi la Fondazione spiazzata e confusa.
Padroni della tecnologia e grandi menti in preda al panico.
La strada si è interrotta all’improvviso e, per la prima volta, sono soli, senza una guida.
La storia del ”Mulo” non è solo emozionante per il modo (laterale) in cui viene narrata ma anche per il contesto dentro la quale è ambientata.
In una trama che narra di grandi numeri, dove tutto è così immenso e magnifico da risultare difficile da immaginare, scopriamo che anche la più piccola variabile può modificare il corso degli eventi.
Un antagonista consapevole, intelligente e determinato.
“Il Mulo” è il personaggio che aspettavo.

PRIMA FONDAZIONE

 

Fondazione è un romanzo di fantascienza del 1951 scritto da Isaac Asimov, pubblicato, in Italia, anche con i titoli di Cronache della Galassia e Prima Fondazione.
È il primo libro del Ciclo della Fondazione in ordine di scrittura, anche se non in ordine cronologico.
La storia si suddivide in cinque parti: ognuna, esclusa la prima e la quarta, è caratterizzata da una crisi, denominata Crisi Seldon (i periodi critici previsti dallo scienziato Hari Seldon attraverso la psicostoria).
L’intreccio dei fatti si snoda attraverso duecento anni, dalla nascita, al periodo di maggior splendore per la Fondazione.

Qua sotto la mia piccola analisi:

UNO SGUARDO OLTRE
“Pensiamo che il massimo scopo della scienza sia la classificazione delle scoperte passate. È importante, lo riconosco, ma non si può andare più in là? Noi stiamo retrocedendo e dimenticando, non ve ne accorgete?”
Asimov riprende spesso la tematica della “crescita” come sviluppo sociale e personale.
Chi si adagia, presto o tardi, è destinato a restare indietro.
Una pigrizia che tende a schiacciare chi non vuole impiegare le proprie forze per migliorare se stessi e gli altri.
Penso faccia riferimento a uno spirito “di squadra”.
Leggo del fallimento ogni volta che un personaggio (o un esercito se non addirittura un mondo) pensa solo ai propri interessi tralasciando il bene della comunità.
Indice di uno scrittore che non ha mai smesso di pensare al futuro.

IL POTERE DELLA PAROLA
“Mi sono preso la libertà di registrare tutte le sue affermazioni. Quando Holk, dopo due giorni di duro lavoro, è riuscito a eliminare ogni affermazione priva di significato, le parole incomprensibili, gli aggettivi inutili, in breve tutto ciò che era irrilevante, scoprì che non era rimasto niente. In cinque giorni di discussioni, lord Dorwin non ha detto assolutamente nulla.”
Uno splendido passaggio sulla comunicazione.
Un diplomatico imperiale, ospite a Terminus, stordisce di chiacchiere le più alte cariche della Fondazione.
L’uso della parola per ammaliare e, di fatto, non dire poi niente di davvero utile.
La caratteristica che dovrebbe avere ogni buon mediatore che intende temporeggiare.
In effetti, lord Dorwin è il migliore: si legge per poche pagine ma lascia di stucco.

UN GRANDE INSEGNAMENTO
“La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci.”
Nel libro, ogni azione violenta sfocia sempre nel disastro.
Asimov è un grande sostenitore della ragione, per questo condanna chi non ne fa uso.

FEDE CIECA
“Nella fretta di ottenere la devozione assoluta dei loro popoli, i re dei Quattro Regni accettarono la religione della scienza che li rendeva simili a divinità: religione che rappresentò la loro briglia e la loro sella, perché consegnava la linfa vitale della civiltà, l’energia atomica, nelle mani del clero.”
La Fondazione è scaltra e sa come ottenere ciò che vuole: per questo si serve della Fede.
È una delle prime mosse vincenti quella di sfruttare il potere del misticismo per piegare le persone che hanno paura.
La religione ha spesso dato risposte là dove la ragione non aveva possibilità di agire, in periodi bui di grandi cambiamenti e rivoluzioni.
Comunque sbarcare su un pianeta che usa lance rudimentali sfoggiando degli scudi di forza e disintegratori atomici, in effetti, mette in soggezione.

COMMERCIO
“Nello schema Seldon la religione ha esaurito il suo compito.”
L’essere umano si evolve, cresce e ciò che un secolo prima sembrava “magia” perde forza e quindi credibilità.
La Fondazione capisce che deve cambiare strategia e passa al concreto: i soldi.
Sì, perché nella galassia qualcuno può far vacillare la propria Fede ma quando si parla di arricchirsi nessuno si tira indietro.
Un’altra ottima giocata, sempre descritta sul filo del rasoio.
Asimov è molto abile nel lasciare in sospeso situazioni delicatissime facendoci dubitare sulla buona riuscita dei protagonisti.

CHI COMANDA?
“Ma sul trono si succedevano imperatori deboli, e un imperatore debole significa un viceré forte.”
In politica è tanto importante il leader quanto la scelta dei collaboratori.
Se poi si tratta di uno in particolare, quello più fidato, allora bisogna stare attenti almeno il doppio.
Una lezione che sembra nessuno voglia imparare; né i saggi della Fondazione né gli avversari.
C’è da dire, a loro discolpa, che è difficile prevedere le mosse di un singolo individuo (magari proveniente dall’altro capo dell’Universo).
Intrighi e vendette sono all’ordine del giorno.
Rancori, non ne parliamo.

L’IMPORTANZA DELLO STUDIO
“Conservando il sapere. La somma delle conoscenze umane supera la capacità di ogni singolo individuo, e quelle di migliaia di individui.”
La galassia sta scivolando nel caos.
Società distrutte, scienza spezzettata e persa.
Le persone, con il passare degli anni, non vedranno che una sfaccettatura di tutto ciò che serve sapere quindi saranno inutili e indifesi.
Quindi, collegandoci al punto “Fede Cieca” chi ha in pugno le redini del futuro? I conservatori della conoscenza.

FONDAZIONE ANNO ZERO

 

Fondazione anno zero è un romanzo di fantascienza di Isaac Asimov pubblicato postumo nel 1993.
È il secondo dei due antefatti al Ciclo della Fondazione.
Formato da cinque parti con lunghi intervalli temporali fra loro, ci troviamo di nuovo Trantor, otto anni dopo gli eventi raccontati nel precedente Preludio alla Fondazione.
Percorriamo l’intera vita di Hari Seldon e gli sviluppi della psicostoria fino all’applicazione pratica negli eventi galattici.
Ogni parte del libro è intitolata a un personaggio, che esce di scena alla conclusione di essa.

Ho preso qualche appunto:

DANZE POLITICHE
“Per Joranum è facile parlare di uguaglianza, perché lui non ha nessuna delle loro responsabilità. Se si trovasse seduto al posto di comando, scoprirebbe che i suoi sforzi verrebbero enormemente diluiti da un impero di venticinque milioni di pianeti.
Ognuno pretende una grande mole di uguaglianza per sé, ma ne riserva una quantità assai minore agli altri.”
Gesti meschini per salire al potere o sapienti raggiri per liberarsi dalla notorietà coreografati come un balletto.
Nulla di tecnico ma solo il susseguirsi degli eventi con le loro naturali conseguenze.
Questi “giochini” li troviamo un po’ per tutto il libro, narrati con l’esperienza stessa dei personaggi e non tramite lunghe e noiose spiegazioni.
Una tecnica che ho pensato di chiamare: “La Semina” (ma esisterà senza dubbio un termine migliore).
Spargere piccoli granelli di un argomento per tutta la trama in modo da diluirlo e renderlo più fruibile.

RIDONO DI ME
“Le loro credenze e i loro miti appaiono ridicoli, umoristici e incredibilmente stupidi alla gente esterna. Un loro colpo di stato per impadronirsi del governo finirebbe soffocato dalle risate.
Essere temuti non è un peso.
Essere disprezzati può risultare certe volte sopportabile, ma essere derisi apertamente è fatale”.
Un punto che si ricollega in parte a ciò che ho detto sopra. Non c’è nulla di peggio, per una persona che aspira a far carriera, dello scherno altrui.
“L’essere presi sul serio” come necessità e il dramma di dover mentire sulle proprie origini come se fossero un peso e una vergogna.

COMMOVENTE
“Hari, se questo può servire ad alleviare il suo dolore, ricordi che suo figlio è morto in difesa della conoscenza. Non è stato per l’impero ma per l’umanità stessa”.
Alcuni passaggi in particolare sono davvero difficili da digerire senza spenderci almeno una lacrima.
Uno tra tutti la solitudine della nipote di Hari, bambina prodigio che teme di essere accantonata dalla famiglia dopo la nascita della sorellina.
E ancora l’amicizia fraterna, le scene di sacrificio e amore.
Il rispetto che diventa ponte dell’unione tra uomo e macchina proprio a fine libro, per dare un’ultima stoccata di malinconia.

LA FINE SI AVVICINA
“Non aveva fondi per proseguire il suo lavoro, niente soldi per individuare altri come Wanda, né per pagare i suoi collaboratori del Progetto Psicostoria a Streeling”.
Più incalzante del volume precedente.
I salti temporali sono notevoli ma chiari: la psicostoria deve essere ultimata prima della morte di Hari.
Per un progetto così ambizioso può bastare una vita intera?

SEMPLICE
“Un fulminatore, nonostante il suo nome, non ‘fulmina’ nel vero senso della parola. Colpisce e vaporizza l’interno del bersaglio e in pratica, provoca un’implosione”.
In molti libri certe descrizioni tendono ad essere troppo prolisse e spiegare un personaggio, quasi come se lo scrittore avesse paura di non essere compreso.
E allora ecco pagine intere di sentimenti spiegati, stanze e dettagli irrilevanti descritti nei minimi dettagli.
In questo caso ci si trova davanti a una scrittura asciutta, senza fronzoli.
Nessuna parola viene lasciata al caso, anche le ripetizioni.

UMANO
“Devi assumere un’espressione divertita. Non puoi riprodurre il suono di una risata, per quanto convincente, con un viso troppo serio. Sorridi leggermente, appena un poco. Incurva verso l’alto gli angoli della bocca”.
L’approccio con gli androidi mostra l’umanità in tutte le sue sfaccettature che sarebbe altrimenti raccontata quasi come un trattato.
Ancora una volta, l’esempio e il vissuto mostrano qualcosa che possiamo capire a fondo solo grazie all’esperienza.

L’UNICO OBBIETTIVO
“Ciò che intendo creare è un’opera completamente autonoma che contenga, nella forma più concisa possibile, le informazioni essenziali di cui l’umanità ha bisogno”.
Un unico grande scopo che supera difficoltà e coinvolge le vite di tante persone che forse non si rendono conto di quanto la situazione sia grave.
Hari porta un enorme peso sulle spalle ma tiene gli occhi sempre puntati sulla meta e non si fa distrarre da nulla.
Quando leggo di lui ricordo sempre una frase del film “Il Quinto Elemento” che diceva: “Il tempo non è importante, solo la vita è importante”.
Voglio immaginare che sia un tributo al Ciclo della Fondazione, senza dubbio lo rappresenta bene.

PRELUDIO ALLA FONDAZIONE

 

Preludio alla Fondazione è un romanzo di fantascienza di Isaac Asimov del 1988.
La storia si sviluppa su Trantor, un pianeta dalle dinamiche complesse, formato da strutture e sovrastrutture che si snodano attraverso varie culture.
Seguiamo le vicende di Hari Seldon – matematico – che partecipa ad un congresso scientifico portando una nuova, interessante teoria: la psicostoria.
Sarebbe possibile prevedere il futuro mediante metodi statistici anche se, date le numerose difficoltà pratiche, la teoria risulta inattuabile.
MA
La prospettiva di modificare gli eventi a proprio vantaggio o quantomeno, far credere al popolo di aver questo potere, fa gola tanto all’Imperatore Galattico quanto all’opposizione.
Tutti vogliono Hari Seldon per sé (o, meglio, la psicostoria).
Così ha inizio l’avventura – non desiderata né voluta – di Hari e di quelle persone che, in un modo o nell’altro, entreranno a far parte della sua vita.

Provo a dare “un’opinione schematica” perché scrivere un banale parere sarebbe – per me – impossibile.

RELIGIONE
Hari è un uomo pratico, con una chiave di lettura ben precisa che, pur rispettando le credenze altrui, osserva tutto da un punto di vista oggettivo (tante volte, non cogliendo le sfumature).
“Religione!” sbottò. “Non sappiamo che farcene”.
La ragazza però proseguì: “Abbiamo qualcosa di meglio. Abbiamo la storia”.
Attraverso questa frase capiamo subito l’importanza del vissuto umano.
La storia la costruiamo noi attraverso le scelte, non solo passate ma anche presenti. Solo questa libertà determina chi siamo e ciò che diventeremo.

PARITÀ
“Non sopporto che si insulti e disprezzi un essere umano a causa del presunto gruppo di appartenenza, tanto più se a farlo sono altri esseri umani. Sono certe persone rispettabili che creano i delinquenti che pullulano il mondo.”
Ci troviamo in un universo progredito, vasto ma vincolato ancora da differenze socio-culturali che pesano sulla qualità della vita.
Le lotte e il malcontento si sviluppano in modo latente ma tanto basta per smuovere qualcosa nel sistema e appiccare “la scintilla”.
Ho trovato un’apertura mentale degna, in effetti, del pensiero di Asimov verso ogni tipo di cultura e differenza.
Una critica sociale sulla divisione delle caste e sulla parità dei sessi trattati con forte spirito critico.

ROBOT
“Primo, come ti dicevo, i robot assomigliavano perfettamente agli esseri umani. Secondo, avevano una longevità prolungata, se vogliamo usare quest’espressione.”
“Meglio funzionamento” lo corresse Dors. “Altrimenti comincerai a considerarli completamente umani.”
Non vedevo l’ora di trovarli.
Leggere di androidi scritti da Asimov è come ascoltare musica suonata da Mozart.
C’è una particolare sensibilità su longevità della vita, mente positronica e responsabilità di progettazione che sapevo mi avrebbe soddisfatto.
Negli anni, la “condizione degli androidi” è stata toccata più volte in film, libri e videogiochi ma mai con così tanta delicatezza.

AMBIENTE
“Il declino non ha un andamento rettilineo.”
Problemi ambientali legati al surriscaldamento, il decadimento delle strutture e un più generico adagiarsi politico su “ciò che si ha” piuttosto che guardare al futuro, sono argomenti noiosi da trattare ma non nel contesto della storia.
Asimov inserisce le sue analisi con cura senza tediare il lettore ma dando una spinta al pensiero.

MATEMATICA
“Se si fa un’analisi della psicostoria e si comunicano i risultati al pubblico, il complesso di sentimenti e reazioni dell’umanità subisce una distorsione immediata. E l’analisi, basata sui sentimenti e sulle reazioni che si verificano senza conoscerne il futuro, perde qualsiasi valore. È chiaro?”
Grande amore di Hari e Asimov, troviamo un lessico impegnativo ma mai sfiancante (e la mia media matematica non ha mai superato il 5).
Sempre pronto a dare una spiegazione chiara a concetti difficili da raccontare, figuriamoci se letti.
Il professore che tutti vorrebbero.

PROSPETTIVA
“Com’è dannosa la specializzazione eccessiva. Recide la conoscenza in mille punti e lascia aperte le ferite.”
Secondo me il punto più importante del libro e la chiave che porterà Hari al successo.
Vedere non basta.
Bisogna imparare a osservare per trovare nuovi spunti e punti di vista.

CURIOSITÀ
“Una cosa del tutto accidentale poteva trasformarsi in tradizione e diventare inviolabile, o quasi”. Seldon si domandò se fosse una legge della psicostoria.
Mi ricollego al punto sopra, per concludere, dicendo che vivere senza la voglia di imparare e scoprire equivale a sprecarsi.
Meglio scontrarsi con idee opposte piuttosto che non avere nulla di cui parlare.

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