*CYBERPUNK 2020*

 

Non ci fate caso, sono solo riflessioni.
“Cyberspazio. Una consensuale allucinazione vissuta ogni giorno da miliardi di operatori legittimi, in ogni nazione, da parte di bambini cui sono stati insegnati concetti matematici”.
Così William Gibson descrive la Matrice, nel nostro caso: Internet.
Viviamo “nel futuro”, dove le intelligenze artificiali sono in grado di compiere embrionali ragionamenti umani e la tecnologia segna il ritmo della nostra vita.
È un accordo, quello che abbiamo raggiunto, tra uomo e macchina: non possiamo più vivere l’uno senza l’altro.
Noi diamo vita alla rete, facciamo affidamento su di Lei ogni giorno e chi si rifiuta di tenere il passo rimane indietro.
Avrete ordinato almeno una volta qualcosa da Amazon, scelto la meta delle vacanze in base a recensioni e foto suggestive, condiviso una notizia o il video di un gattino.
Il nostro cellulare, anche il modello meno aggiornato, ci permette di fare qualunque cosa, fosse solo rilassarsi con un giochino demenziale.
Avete visto come state bene con la barba?
O nati del sesso opposto?
Le informazioni viaggiano veloci nella Matrice, quasi senza controllo. Quasi.
Dobbiamo esserne spaventati?
No.
Temere l’avanzamento della tecnologia è come aver paura d’invecchiare.
Voglio credere, anche se alcuni giorni è più difficile di altri, che questo nostro “cyberpunk” ci stia portando verso un miglioramento di noi stessi.
Voglio pensare che la rete non solo ci agevoli ma ci faccia sentire un po’ più vicini e consapevoli di ciò che accade attorno a noi.
Che ci arricchisca e sviluppi la nostra mente.
Mi piace pensare che, in un prossimo futuro, guarderemo i nostri Tablet da ridenti cittadine pulite, sane e piene di vita e non dallo schermo polveroso di un Pip-Boy.

immagine by dustycrosley

TRILOGIA DELLO SPRAWL

 

Difficile parlare in poche righe di William Gibson.
Esponente del filone cyberpunk e papà di un genere meraviglioso e complesso.
”Neuromante”, ”Giù nel cyberspazio” e ”Monna Lisa Cyberpunk” non si presentano con una trama unitaria.
I personaggi si intrecciano in una trilogia ambientata nello stesso universo narrativo.
Ci troviamo intorno al 2035, in un mondo dove la tecnocrazia ha preso il sopravvento e le città si sono trasformate in megalopoli controllate dalle multinazionali. I distretti industriali sono lasciati nel più completo degrado mentre le élite vivono in quartieri esclusivi e blindati o, addirittura, nello spazio orbitale.
La criminalità è il modo più diffuso per sopravvivere ed è il prototipo dell’anti-eroe a catturare la simpatia del lettore.
I “cowboy della tastiera” trascorrono buona parte della propria esistenza immersi nella realtà virtuale del cyberspazio, chiamato anche “Matrice”.
La connessione (innestata a livello cerebrale) consente loro di vagare nella rete informatica globale.
E lì stanno benissimo perché liberi da preoccupazioni e problemi legati alla realtà cruda e misera in cui sono costretti a vivere.
Una condizione molto attuale dove spesso ricerchiamo la pace affidandoci alla rete.
Non voglio aprire una discussione sociologica sull’utilizzo o l’abuso della tecnologia ma in questo momento storico ”il cyberspazio” ci sta aiutando moltissimo e possiamo dire sia diventato (ora più che mai) una parte fondamentale della nostra vita.
”La trilogia dello Sprawl” non è una lettura semplice.
Non fa parte di quella categoria di libri che si possono leggere prima di andare a letto o a tempo perso.
Più volte ho dovuto riprendere frasi che non capivo e fermarmi per assimilare i concetti (magari sono io che sono lenta) ma, dopo l’ennesima pausa, sono arrivata a una conclusione: stavo leggendo un quadro.
L’atmosfera è difficile da descrivere.
È una narrativa basata su sensazioni e immagini che si prestano a essere più immediate se ”guardate” piuttosto che ”lette”.
Spiegare l’ambientazione di ”Blade Runner” a una persona che non ha mai visto il film è faticoso.
Voi che parole usereste per raccontare ”Matrix” o ”Johnny Mnemonic” a qualcuno che non sa nemmeno cosa sia il cyberpunk?
Non basta fare una semplice e fredda descrizione di ciò che circonda i personaggi, bisogna usare un lessico efficace.
Vi scrivo solo l’incipit di Neuromante:
”Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.”

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