Difficile parlare in poche righe di William Gibson.
Esponente del filone cyberpunk e papà di un genere meraviglioso e complesso.
”Neuromante”, ”Giù nel cyberspazio” e ”Monna Lisa Cyberpunk” non si presentano con una trama unitaria.
I personaggi si intrecciano in una trilogia ambientata nello stesso universo narrativo.
Ci troviamo intorno al 2035, in un mondo dove la tecnocrazia ha preso il sopravvento e le città si sono trasformate in megalopoli controllate dalle multinazionali. I distretti industriali sono lasciati nel più completo degrado mentre le élite vivono in quartieri esclusivi e blindati o, addirittura, nello spazio orbitale.
La criminalità è il modo più diffuso per sopravvivere ed è il prototipo dell’anti-eroe a catturare la simpatia del lettore.
I “cowboy della tastiera” trascorrono buona parte della propria esistenza immersi nella realtà virtuale del cyberspazio, chiamato anche “Matrice”.
La connessione (innestata a livello cerebrale) consente loro di vagare nella rete informatica globale.
E lì stanno benissimo perché liberi da preoccupazioni e problemi legati alla realtà cruda e misera in cui sono costretti a vivere.
Una condizione molto attuale dove spesso ricerchiamo la pace affidandoci alla rete.
Non voglio aprire una discussione sociologica sull’utilizzo o l’abuso della tecnologia ma in questo momento storico ”il cyberspazio” ci sta aiutando moltissimo e possiamo dire sia diventato (ora più che mai) una parte fondamentale della nostra vita.
”La trilogia dello Sprawl” non è una lettura semplice.
Non fa parte di quella categoria di libri che si possono leggere prima di andare a letto o a tempo perso.
Più volte ho dovuto riprendere frasi che non capivo e fermarmi per assimilare i concetti (magari sono io che sono lenta) ma, dopo l’ennesima pausa, sono arrivata a una conclusione: stavo leggendo un quadro.
L’atmosfera è difficile da descrivere.
È una narrativa basata su sensazioni e immagini che si prestano a essere più immediate se ”guardate” piuttosto che ”lette”.
Spiegare l’ambientazione di ”Blade Runner” a una persona che non ha mai visto il film è faticoso.
Voi che parole usereste per raccontare ”Matrix” o ”Johnny Mnemonic” a qualcuno che non sa nemmeno cosa sia il cyberpunk?
Non basta fare una semplice e fredda descrizione di ciò che circonda i personaggi, bisogna usare un lessico efficace.
Vi scrivo solo l’incipit di Neuromante:
”Il cielo sopra il porto aveva il colore della televisione sintonizzata su un canale morto.”