L’altra volta vi ho raccontato il mio modo di giocare ai videogiochi a scelta multipla.
Oggi vi parlo di un bug che mi ha quasi spaccato un tendine.
Fallout 3: stavo giocando alla partita PERFETTA.
Equipaggiamento giusto, scelte sensate.
Stava andando tutto bene con le quest secondarie perciò torno a quella principale.
Unica storia che non avevo mai completato.
Quindi ritrovo mio papà: uno scienziato il cui obiettivo è quello di fornire acqua pulita in tutta la Zona Contaminata attraverso il Progetto Purezza.
Va bene.
Lo accompagno a un vecchio laboratorio presso il Jefferson Memorial dove farà i suoi esperimenti.
Arrivo alla struttura ed entro dalla porta ma lui non mi segue.
Esco dalla porta.
Lo vedo appiccicato al muro, la faccia contro la parete esterna.
Quando gli parlo mi risponde un freddo “vai dentro, io ti seguo”.
Va bene, rientro.
Sono ancora sola e a questo punto mi chiedo che problema abbia.
Giro tutta la struttura radendo al suolo scarafaggi radioattivi, hackerando computer, disattivando torrette. Non c’è più nulla da eliminare. Il posto è pulito.
Esco e provo a parlargli ancora ma nulla. Resta fermo.
Attendo qualche ora accanto a lui prima dentro e poi di nuovo fuori.
Qualcosa non funziona. È chiaro.
Accendo e spengo gioco e console ma quando riprendo lo vedo ancora incollato a quella parete di cemento.
Potrei abbandonare e lasciare mio padre lì come un cretino a godersi il suo muro ma devo concludere quella partita.
Passo alla violenza: gli tiro un pugno per farlo ripigliare. Poi un colpo di rivoltella.
Nulla.
Esasperata, tiro fuori il Fat Man e nuclearizzo la zona, compresa me stessa.
Io muoio, mio padre e il muro rimangono un punto fisso nello spazio e nel tempo.
Ricarico l’ultimo salvataggio.
Sto per scaricargli addosso l’ira del mio “spara-patate” quando, per sbaglio, gli tiro una spallata e lui si sposta di un millimetro.
Allora inizio a puntarlo e spingerlo con tutta la forza del mio pollice, tenendolo in equilibrio tra lo spallaccio di cuoio borchiato e la pettorina perché, ogni volta che mi sfugge, ripoppa al punto di partenza.
Quest’operazione di giocoleria dura circa 30/45 minuti.
Premo la levetta fino a bruciarmi un tendine mentre mio padre mi fissa con uno sguardo da ebete chiedendosi, probabilmente, dov’è il suo muro.
Alla fine arriviamo a destinazione.
Lui si riprende e mi racconta del suo progetto.
Dopo nemmeno dieci minuti di gioco c’è una fuga di radiazioni e muore avvelenato.