
Per la serie “marketing fantascientifico strano ma sorprendentemente efficace” oggi voglio raccontarvi la storia di Phalanx, videogioco del 1991 sviluppato da Kemco e ZOOM Inc.
Uno dei classici sparatutto a scorrimento con le astronavi, all’epoca molto in voga, ben fatto ma – onestamente – nulla di eccezionale o rivoluzionario.
Ciò che rende Phalanx speciale è la copertina dell’edizione nord-americana per il Super Nintendo, rimasta nella storia per la sua assurdità, visto che ritrae un uomo anziano con la barba folta e vestiti campagnoli seduto a suonare il banjo.
Praticamente uno ZZ-Top scazzato.
E, giusto per inserire almeno un elemento che abbia a che fare con il gioco, una piccola astronave che sfreccia nel cielo stellato in sottofondo.
Una vera e propria anomalia, considerando che le altre edizioni dello stesso gioco, quella giapponese e quella europea, o quelle per altre piattaforme, hanno tutte copertine “normali”, che ritraggono l’astronave protagonista impegnata in scene di combattimento.
Ma allora perché?
La risposta ce l’ha data Matt Guss, un pubblicitario che ha lavorato proprio all’adattamento di Phalanx per gli Stati Uniti, in un’intervista pubblicata diversi anni dopo. Ed è più semplice di quanto si possa pensare: non trovando nessun elemento davvero caratteristico del gioco, il suo collega Keith Campbell decise di puntare tutto sull’assurdo, sperando che una copertina così fuori posto spiccasse sugli scaffali ricolmi di altri sparatutto simili, differenziandosi al punto da spingere i potenziali acquirenti a prendere in mano la scatola e domandarsi “ma cosa cavolo…?”
Un espediente forse goffo, ma che per certi versi ha funzionato. Non sul fronte dei guadagni, dato che il gioco vendette giusto-giusto discretamente, senza mai diventare chissà quale hit, ma sul fronte della leggenda.
Col tempo infatti Phalanx e la sua copertina sono diventati un piccolo caso tra gli appassionati di videogiochi, per esempio venendo inseriti in diverse classifiche delle copertine più memorabili di sempre da varie riviste e portali di settore, e persino generando la leggenda metropolitana secondo cui l’anziano col banjo fosse il pilota dell’astronave ormai in pensione, intento a raccontare le sue avventure di gioventù.
Qualcuno lo considera addirittura un piccolo meme.
Al di là di tutto, comunque, una cosa è certa: ancora oggi, a distanza di quasi 35 anni, siamo ancora qui che ne parliamo.
PS: ma solo io, zoomando l’immagine sull’astronave in sottofondo, ci vedo la sagoma di un caccia X-Wing di Guerre Stellari “mascherato” dalle luci?