L’ombra dello scorpione (The Stand) è un romanzo post apocalittico scritto da Stephen King pubblicato nel 1978.
Proprio nel 2020 la CBS ne ha tratto una nuova miniserie televisiva intitolata The Stand.
Ci troviamo nel più oscuro antro malefico dell’universo: il Maine.
La storia inizia con la morte di quasi tutta la popolazione dell’America settentrionale (e, presumibilmente, del mondo) in seguito alla dispersione di un’arma batteriologica sfuggita al controllo dell’uomo dai laboratori del governo statunitense (il tasso di infettività è del 99,4% e quello di mortalità per gli infetti è del 100%).
Ecco i miei appunti:
FORZA E DEBOLEZZA
“Non voleva morire. Non voleva morire di fame. Era troppo pieno d’odio. L’odio gli era cresciuto dentro a un ritmo abbastanza veloce, cresciuto assieme alla fame.”
Lloyd è un detenuto che, durante lo scoppio della pandemia, rimane bloccato nella sua cella.
La situazione si fa drammatica quando termina le scorte di cibo e acqua. Un odio viscerale nei confronti del mondo libero e la paura di una fine orrenda serpeggiano dentro di lui spingendolo a compiere azioni tremende pur di sopravvivere. Ed è proprio con questo personaggio che comprendiamo la violenza intessuta nella natura umana.
I dettagli del suo background ci vengono raccontati attraverso i flashback (questo, in realtà, accade con ogni personaggio) quindi capiamo perché arriva a comportarsi in un certo modo. Conosciamo così le sue ansie, i rimpianti, le sofferenze che l’hanno portato ad essere il Lloyd criminale.
In un libro dove la linea tra “buoni” e “cattivi” è molto sottile, comprendiamo che ognuno di noi ha avuto i propri traumi ma è il modo in cui reagiamo a essi che forma il carattere di un individuo.
C’è chi cede alla paura riversandola poi in un sentimento d’odio nei confronti degli altri e chi reagisce superando anche gli ostacoli più alti.
È un po’ il concetto che viene ripreso anche in Star Wars dove: “la paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza”.
E io sento in Lloyd molta, molta paura.
IL FASCINO DEL MALE
“Era seduto sul cofano di una vecchia Chevrolet, con le gambe incrociate, le mani appoggiate delicatamente sulle ginocchia. La guardava con un sorriso dolce. Ma i suoi occhi non erano per niente dolci. Smentivano l’idea che quell’uomo potesse avere qualcosa di dolce. In quegli occhi lei vide un bagliore nero che danzava senza posa, come le gambe di un uomo appena passato per la botola da una forca.
– Salve – disse lei – Eccomi.
– Sì, alla fine sei arrivata, come promesso.
Il suo sorriso si fece più largo e lui le tese le mani. Lei le prese e mentre lo toccava sentì il suo calore bruciante. Irradiava calore, come un forno. Le lisce mani senza linee di lui attorno alle sue e poi strette attorno ai polsi, come manette.”
Randall Flagg è uno dei nemici storici dell’universo di King ed è qui che fa la sua prima apparizione. È conosciuto con diversi nomi ma molti mantengono iniziali le lettere “R.F.”.
Ha un aspetto comune, così come il suo vestiario: jeans, giacche in pelle e stivali da cowboy ma la realtà è molto più spaventosa.
Usa la magia sfruttandola per scatenare conflitti, in genere, per distruggere la civiltà.
Dotato di grande ascendente riesce a influenzare le menti – in particolar modo quelle più deboli e rabbiose – e creare un gran seguito di seguaci pronti a servirlo.
Flagg è il male: un nemico sadico, che detesta la vita e celebra la sofferenza, attratto da casi disperati che può manipolare.
Senza subbio, le sue parti sono quelle che mi hanno coinvolto di più.
È incredibile con quanta semplicità riesca a far leva su timori e psicosi creando un vortice di malvagità attorno a sé.
Molto evocativi e spaventosi anche gli “l’effetti della sua presenza” dove traspare una natura demoniaca che corrompe e consuma. Una versione moderna di un infernale.
VERSO L’OBLIO
“I miei genitori sono morti, ma posso tollerarlo. Una strana malattia sembra essersi propagata in tutto il paese, forse in tutto il mondo, spazzando via i giusti al pari dei peccatori – e posso tollerarlo. Sto scavando una fossa nell’orto dove mio padre strappava le erbacce solo la settimana scorsa e quando sarà abbastanza profonda suppongo che ce lo calerò, e credo di poter tollerare anche questo. Ma Harold Lauder che mi divora con gli occhi e mi chiama “bambina mia”? Non lo so, Signore. Proprio non lo so.”
La parte che ho preferito è stata quella iniziale: la caduta della società.
Quello che viene descritto nelle prima pagine è in un mondo “normale” che, tutto d’un tratto, viene piagato dalla pandemia. Eviterò inutili paragoni con il virus del libro e la nostra attuale situazione e parlerò di un fattore molto interessante, spesso ignorato in molte storie – ma non in questa – : il decadimento della società.
Il passaggio tra civilizzazione e post apocalittico passando per l’immediato post-pandemia, quando si è in quella situazione dove la civiltà non è ancora del tutto crollata ma praticamente sì.
Come quando, sulla giostra, si arriva al momento immediatamente precedente alla discesa; sai che ti si mozzerà il fiato ma non puoi tornare indietro e speri che la caduta sia il più breve e indolore possibile.
Tutto viene trattato con molto realismo e le problematiche meno frequenti emergono attraverso i protagonisti: la mancanza della luce, la puzza nauseante dei cadaveri in decomposizione sotto il sole, lo shock nel vedere gli altri morire. Ma anche la graduale perdita dell’umanità per avendo ricevuto un’educazione civile.
È l’inizio di uno scontro che riprende il primo punto della lista: chi vuole ricostruire la civiltà VS chi vuole distruggerla o ha sempre voluto farlo.