GLI HAIKU

 

Cos’è un Haiku?

È un componimento poetico breve, di origine giapponese, una poesia dalle dimensioni di un respiro.

Le sue origini risalgono al XVII secolo e, anche se non sono certe, si pensa che formassero la prima strofa di una “poesia a catena”, cioè un componimento scritto a più mani.

La forma italiana di un Haiku utilizza una struttura di 3 versi, rispettivamente di 5, 7 e infine ancora 5 sillabe, per un totale di 17 sillabe.
Di solito, il primo verso definisce il contesto tramite un riferimento stagionale, il Kigo o “parola della stagione”, necessario per dare al componimento il contesto temporale in cui si svolge.

Per quanto gli Haiku siano brevi, scriverne uno non è così facile: serve un’attenzione particolare nella scelta delle parole, devono richiamare alla mente precise percezioni.
Alcuni Haiku hanno richiesto mesi di ragionamenti e rivisitazioni prima di trovare la loro forma finale.

Un famoso esempio di Haiku, è il componimento che Ben Hascom dedica a Beverly Marsh, nel libro “IT” di Stephen King.

“Your hair is winter fire,
January embers,
My heart burns there, too.”

Tradotto così.

“Brace di Inverno.
I capelli tuoi.
Dove il mio cuore brucia.”

MARTEDÌ DELLO XENO – LA TARTARUGA

 

Oggi, al MARTEDÌ DELLO XENO, un’entità dell’universo narrativo di Stephen King.

La Tartaruga è una creatura antica e rappresenta genericamente il Bene.

In It viene descritta da Bill come un animale di dimensioni titaniche che riflette i colori di centinaia di galassie, soli e costellazioni.

Nonostante venga presentata verso la fine, più di una volta nel libro si accenna o vengono mostrati la forma o il disegno di una tartaruga: un chiaro segno che fa intuire quanto abbia vegliato e protetto “I perdenti” fin dall’inizio.

It, invece, la disprezza considerandola pigra e stupida. Inoltre spiega che la tartaruga ha creato l’universo “vomitandolo”.

LLOYD, UN UOMO ALLA DERIVA (THE STAND)

 

Lloyd Henreid è un personaggio secondario – e antagonista – del romanzo “The Stand” di Stephen King.

Un criminale che, di certo, non spicca per intelligenza.

Alla vigilia dell’epidemia di super-influenza si imbatte in Andrew “Poke” Freeman, un detenuto pericoloso e crudele.
Alimentati da droga e alcolici, commettono vari reati minori fino all’assalto della stazione di servizio di Burrack.

La rapina va male: due clienti vengono uccisi, Poke viene colpito dagli agenti e Lloyd catturato e arrestato.
Detenuto in un’ala della prigione municipale di Phoenix, Lloyd si trova, ancora una volta, nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

La super-influenza si abbatte sulla città, uccidendo tutte le guardie carcerarie e i detenuti. Tranne lui.
L’uomo viene, di fatto, dimenticato nella sua cella a morire di fame.

Lloyd prova a sopravvivere bevendo l’acqua del gabinetto, mangiando ratti e divorando, in preda alla disperazione, la gamba del suo compagno di cella.
Viene trovato mezzo morto da Randal Flagg che lo salva in cambio della sua fedeltà più totale.

Ma perché mi piace tanto?

Lloyd – che nella miniserie è interpretato magistralmente da Nat Wolff – è un uomo alla deriva.

Vittima di una società crudele e schiavo delle sue stesse debolezze e pulsioni.

È un corrotto, spaventato e senza direzione che vuole essere premiato e lodato per meriti che non gli appartengono.
Alla costante ricerca d’approvazione, si camuffa per non rivelare – nemmeno a se stesso – una triste verità: il suo stato di puro e semplice vittimismo.

È in un limbo, immobile.

A metà strada tra una forza di volontà troppo debole per permettergli di agire e un’apparenza errata, ma ormai radicata, che lo costringe a comportarsi come la persona che non è.

MARTEDÌ DELLO XENO – IT

 

Oggi, al MARTEDÌ DELLO XENO, la creatura che ha terrorizzato un’intera generazione.

It è un mostro dell’universo letterario di Stephen King, un’entità dalle origini ignote.
La sua natura è descritta come “indefinibile dall’intelletto umano”.

Pur non avendo un sesso specifico, si riferisce a se stesso parlando al femminile e appare sotto forma di ragno (anche se assume spesso l’aspetto di Pennywise: un clown sadico e perverso).

Pare che la sua vera essenza risieda dei “Pozzi Neri” situati ai confini del Macroverso.

Sembra che It abbia trasferito la propria coscienza sulla Terra milioni di anni prima degli eventi raccontati nel libro, precipitando – come una meteora – nella città di Derry.
Nascosto come un predatore, si risveglia dal suo letargo ogni 27 anni.

Il suo scopo? Sfamarsi.

Sa leggere la mente, le emozioni e agisce sulle percezioni degli esseri viventi: crea quindi immagini, suoni, odori, gusti e sensazioni tattili distorcendo la realtà delle sue vittime per poi ucciderle e assimilarle.

Una delle ragioni per cui It predilige spaventare – e quindi nutrirsi – di bambini è proprio a causa della loro immaginazione: sono facilmente influenzabili.

Immagine: Pinterest Etsy

IT

 

It è un romanzo horror scritto da Stephen King e pubblicato nel 1986.

Dal libro sono stati tratti una miniserie televisiva nel 1990 e una trasposizione cinematografica divisa in due parti: It (2017) e It – Capitolo due (2019).

Siamo nell’Ottobre del 1957 quando una misteriosa entità multiforme si risveglia da un letargo di 27 anni e assume la forma del clown Pennywise.
E ovviamente ci troviamo in un luogo infernale, pregno di male e orrore: il Maine.

Traumi infantili, chiusura mentale, violenza occultata dietro una maschera di felicità e bassezze umane fanno da cornice allo scontro tra i “Perdenti” e l’entità maligna.

Ho raccolto qualche curiosità.

– Stephen King ha dichiarato di essersi ispirato alla fiaba norvegese “The Three Billy Goats Gruff” dove tre capre devono attraversare un ponte sotto cui vive un malvagio troll.

– Il romanzo ha richiesto quattro anni per la stesura finale.

– Con le sue 1138 pagine (e quasi 2 kg di peso) “It” è secondo per lunghezza nella produzione di King (come unico volume).
Il primo posto se lo aggiudica “L’ombra dello scorpione” con le sue 1153 pagine.

– Stephen King ha dichiarato che Derry, la città dove è ambientato il romanzo, è la trasposizione di Bangor, dove lui e la moglie hanno vissuto dal 1979.

– Il romanzo è dedicato ai figli dell’autore:
«Dedico questo libro in segno di gratitudine ai miei figli. Mia madre e mia moglie mi hanno insegnato a essere uomo. I miei figli mi hanno insegnato a essere libero.
NAOMI RACHEL KING, a quattordici anni;
JOSEPH HILLSTROM KING, a dodici anni;
OWEN PHILIP KING, a sette anni.
Ragazzi, il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste.»

– Il personaggio di It rimanda all’universo di Howard Phillips Lovecraft e ai miti di Cthulhu. In particolare al racconto “Il modello di Pickman”.
L’universo di King, però, è tutto collegato. Così anche It ha diversi riferimenti ad altre opere dello scrittore.

– In una pagina del libro troviamo il cuoco Dick Hallorann (Shining) che, grazie alle sue doti paranormali, riuscirà a salvare alcuni dei suoi amici (tra cui il padre di Mike Hanlon) dall’incendio del Punto Nero.

– Derry e Pennywise appaiono anche in “Le creature del buio”.

– Una delle vittime di Pennywise è una ragazza madre di sedici anni il cui compagno è rinchiuso per rapina a Shawshank, il carcere in cui è ambientato il racconto “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”.

– I “Pozzi Neri” sono menzionati molte volte nella serie “La torre nera”.

– Lo scioglilingua ripetuto da Bill Danborough “Stanno stretti sette spettri sotto i letti a denti stretti” viene usato anche da Mark Petrie nel romanzo “Le Notti di Salem”.

– Ne “L’acchiappasogni” compare la scritta “PENNYWISE VIVE” sul monumento alla memoria dei bambini uccisi.

– Nel romanzo “Insomnia” ci sono molte analogie tra Pennywise e il Re Sanguinario.

Fonti: Wiki e paroleacolori

THE MIST

 

The Mist è un film horror del 2007 diretto da Frank Darabont.
La pellicola si basa sul racconto “La nebbia” di Stephen King contenuto nella raccolta “Scheletri”.

Siamo nel Maine quando una violenta tempesta si abbatte su una cittadina.
A causa di questo fenomeno, alcuni abitanti restano intrappolati in un supermercato mentre misteriose creature aggressive escono da una strana, fitta, nebbia.

Qualche curiosità.

– Il regista aveva letto il racconto di Stephen King e si era subito dimostrato interessato a ricavarne un film per il suo debutto sullo schermo come regista. Il progetto, però, dovette aspettare: prima girò “Le ali della libertà” e “Il miglio verde”, entrambi basati su racconti di King.

– Il film era stato inizialmente concepito per essere in bianco e nero, una decisione che venne bocciata.

– “La storia non si basa tanto sui mostri all’esterno, ma piuttosto sui “mostri” all’interno, cioè le persone con cui sei bloccato, i tuoi amici e i vicini di casa che crollano sotto pressioni esterne in situazioni estreme”, disse Darabont a proposito di “The Mist”.

– Nel racconto originale, il personaggio di David Drayton, sposato, ha un incontro sessuale con Amanda Dumfries, anch’essa sposata ma Darabont non volle che nel suo film “l’eroe protagonista” restasse coinvolto in una relazione extraconiugale.

– “The Mist” venne girato nella cittadina di Shreveport, in Louisiana.

– Il regista scelse un approccio musicale minimalista in modo da catturare l’atmosfera cupa del film. A tal proposito dichiarò che: “certe volte la musica nei film risulta falsa. Ho sempre pensato che il silenzio fosse più terrorizzante. Abbiamo voluto ridurre al minimo l’accompagnamento musicale per mantenere uno stile documentaristico, da cinema verità”.
Fece un’eccezione per la colonna sonora, con il brano “The Host of Seraphim” dei Dead Can Dance. Un pezzo tetro e spirituale che suona come “un requiem per la razza umana”.

– Nella prima scena del film il quadro che sta dipingendo David è un riferimento alla serie “La Torre Nera” di Stephen King e il pistolero nel quadro è il protagonista Roland Deschain.

L’OMBRA DELLO SCORPIONE

 

L’ombra dello scorpione (The Stand) è un romanzo post apocalittico scritto da Stephen King pubblicato nel 1978.

Proprio nel 2020 la CBS ne ha tratto una nuova miniserie televisiva intitolata The Stand.

Ci troviamo nel più oscuro antro malefico dell’universo: il Maine.
La storia inizia con la morte di quasi tutta la popolazione dell’America settentrionale (e, presumibilmente, del mondo) in seguito alla dispersione di un’arma batteriologica sfuggita al controllo dell’uomo dai laboratori del governo statunitense (il tasso di infettività è del 99,4% e quello di mortalità per gli infetti è del 100%).

Ecco i miei appunti:

FORZA E DEBOLEZZA
“Non voleva morire. Non voleva morire di fame. Era troppo pieno d’odio. L’odio gli era cresciuto dentro a un ritmo abbastanza veloce, cresciuto assieme alla fame.”

Lloyd è un detenuto che, durante lo scoppio della pandemia, rimane bloccato nella sua cella.
La situazione si fa drammatica quando termina le scorte di cibo e acqua. Un odio viscerale nei confronti del mondo libero e la paura di una fine orrenda serpeggiano dentro di lui spingendolo a compiere azioni tremende pur di sopravvivere. Ed è proprio con questo personaggio che comprendiamo la violenza intessuta nella natura umana.
I dettagli del suo background ci vengono raccontati attraverso i flashback (questo, in realtà, accade con ogni personaggio) quindi capiamo perché arriva a comportarsi in un certo modo. Conosciamo così le sue ansie, i rimpianti, le sofferenze che l’hanno portato ad essere il Lloyd criminale.
In un libro dove la linea tra “buoni” e “cattivi” è molto sottile, comprendiamo che ognuno di noi ha avuto i propri traumi ma è il modo in cui reagiamo a essi che forma il carattere di un individuo.
C’è chi cede alla paura riversandola poi in un sentimento d’odio nei confronti degli altri e chi reagisce superando anche gli ostacoli più alti.

È un po’ il concetto che viene ripreso anche in Star Wars dove: “la paura è la via per il Lato Oscuro. La paura conduce all’ira, l’ira all’odio; l’odio conduce alla sofferenza”.
E io sento in Lloyd molta, molta paura.

IL FASCINO DEL MALE
“Era seduto sul cofano di una vecchia Chevrolet, con le gambe incrociate, le mani appoggiate delicatamente sulle ginocchia. La guardava con un sorriso dolce. Ma i suoi occhi non erano per niente dolci. Smentivano l’idea che quell’uomo potesse avere qualcosa di dolce. In quegli occhi lei vide un bagliore nero che danzava senza posa, come le gambe di un uomo appena passato per la botola da una forca.
– Salve – disse lei – Eccomi.
– Sì, alla fine sei arrivata, come promesso.
Il suo sorriso si fece più largo e lui le tese le mani. Lei le prese e mentre lo toccava sentì il suo calore bruciante. Irradiava calore, come un forno. Le lisce mani senza linee di lui attorno alle sue e poi strette attorno ai polsi, come manette.”

Randall Flagg è uno dei nemici storici dell’universo di King ed è qui che fa la sua prima apparizione. È conosciuto con diversi nomi ma molti mantengono iniziali le lettere “R.F.”.
Ha un aspetto comune, così come il suo vestiario: jeans, giacche in pelle e stivali da cowboy ma la realtà è molto più spaventosa.
Usa la magia sfruttandola per scatenare conflitti, in genere, per distruggere la civiltà.
Dotato di grande ascendente riesce a influenzare le menti – in particolar modo quelle più deboli e rabbiose – e creare un gran seguito di seguaci pronti a servirlo.
Flagg è il male: un nemico sadico, che detesta la vita e celebra la sofferenza, attratto da casi disperati che può manipolare.
Senza subbio, le sue parti sono quelle che mi hanno coinvolto di più.
È incredibile con quanta semplicità riesca a far leva su timori e psicosi creando un vortice di malvagità attorno a sé.

Molto evocativi e spaventosi anche gli “l’effetti della sua presenza” dove traspare una natura demoniaca che corrompe e consuma. Una versione moderna di un infernale.

VERSO L’OBLIO
“I miei genitori sono morti, ma posso tollerarlo. Una strana malattia sembra essersi propagata in tutto il paese, forse in tutto il mondo, spazzando via i giusti al pari dei peccatori – e posso tollerarlo. Sto scavando una fossa nell’orto dove mio padre strappava le erbacce solo la settimana scorsa e quando sarà abbastanza profonda suppongo che ce lo calerò, e credo di poter tollerare anche questo. Ma Harold Lauder che mi divora con gli occhi e mi chiama “bambina mia”? Non lo so, Signore. Proprio non lo so.”

La parte che ho preferito è stata quella iniziale: la caduta della società.
Quello che viene descritto nelle prima pagine è in un mondo “normale” che, tutto d’un tratto, viene piagato dalla pandemia. Eviterò inutili paragoni con il virus del libro e la nostra attuale situazione e parlerò di un fattore molto interessante, spesso ignorato in molte storie – ma non in questa – : il decadimento della società.
Il passaggio tra civilizzazione e post apocalittico passando per l’immediato post-pandemia, quando si è in quella situazione dove la civiltà non è ancora del tutto crollata ma praticamente sì.
Come quando, sulla giostra, si arriva al momento immediatamente precedente alla discesa; sai che ti si mozzerà il fiato ma non puoi tornare indietro e speri che la caduta sia il più breve e indolore possibile.

Tutto viene trattato con molto realismo e le problematiche meno frequenti emergono attraverso i protagonisti: la mancanza della luce, la puzza nauseante dei cadaveri in decomposizione sotto il sole, lo shock nel vedere gli altri morire. Ma anche la graduale perdita dell’umanità per avendo ricevuto un’educazione civile.
È l’inizio di uno scontro che riprende il primo punto della lista: chi vuole ricostruire la civiltà VS chi vuole distruggerla o ha sempre voluto farlo.

STAGIONI DIVERSE

 

“Stagioni diverse” è una raccolta di racconti scritti da Stephen King.
Pubblicata nel 1982, nasce con delle idee sviluppate la sera, a letto, perché di giorno King era già impegnato nella stesura di altri romanzi.
Diciamo quasi “a tempo perso”.

Sono quattro storie sconnesse tra loro:
1- L’eterna primavera della speranza – Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank
2- L’estate della corruzione – Un ragazzo sveglio
3- L’autunno dell’innocenza – Il corpo (stand by me)
4- Una storia d’inverno – Il metodo di respirazione

Le prime tre hanno avuto un adattamento cinematografico, rispettivamente:
– Le ali della libertà (1994) con Tim Robbins e Morgan Freeman.
– L’allievo (1998) con Ian McKellen
– Stand by Me – Ricordo di un’estate (1986)

– Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank –

La storia inizia nel 1947 quando Andy Dufresne arriva nel carcere di Shawshank.
Accusato dell’omicidio della moglie e del suo amante viene condannato all’ergastolo senza sconto di pena.
La nuova vita dietro le sbarre si rivela da subito infernale: le guardie e i direttori sono crudeli e corrotti così come un gruppo di carcerati che si fa chiamare “Le sorelle”.
La storia è scritta dal punto di vista di Red, famoso per essere “colui che procura la roba” e l’unico uomo con cui Andy stringe amicizia.
L’ho trovato perfetto: film e racconto si completano a vicenda. Voglio sbilanciarvi e confessarvi che mi è piaciuta di più la versione cinematografica.
Il film, spalmato su 2 ore e mezza, l’ho trovato molto più crudele, freddo e coinvolgente.
I dialoghi, l’interpretazione degli attori e soprattutto le musiche sono il punto forte: vi suggerisco di andarvele a cercare.
Ci sono scene molto forti e tematiche su cui non avevo mai riflettuto.
“L’istituzionalizzazione” del carcerato, per esempio.
Una persona che passa quasi tutta la sua vita in cella e poi viene rilasciato come potrà riprendere una normale esistenza? Come potrà non sentirsi alienato in un mondo molto differente da quello che si ricordava?

– Un ragazzo sveglio –

Nel 1974, a Los Angeles, il tredicenne Todd Bowden suona alla porta del vecchio immigrato tedesco Arthur Denker accusandolo di essere il famigerato criminale nazista Kurt Dussander durante la Seconda Guerra Mondiale. Nonostante cerchi di smentire, alla fine il vecchio è costretto ad ammettere la sua vera identità; invece di denunciare alle autorità Dussander, Todd gli chiede di raccontagli nel dettaglio tutti i suoi crimini commessi in guerra minacciando di smascherarlo e farlo arrestare se si rifiuta.
Questo è il racconto che, come vi avevo già scritto, mi ha colpito di più.
La caduta del giovane che trasforma la sua curiosità in perversione e quel vecchio nazista nostalgico.
Sono due personaggi odiosi e bellissimi da scoprire.
C’è una parte, in particolare dove Todd ordina all’SS di indossare la divisa e marciare a suo comando: una scena grottesca e inquietante.
Mi è piaciuta molto la “crescita” ( o decrescita ) dei personaggi che si stimolano a vicenda mentre la loro psiche crolla e prende un’inquietante forma.

– Il corpo –

Siamo negli anni ’60 quando Gordon Lachance, un tredicenne che vive nell’immaginario paese di Castle Rock nel Maine e tre amici, Chris Chambers, Teddy Duchamp, e Vern Tessio, trovano il corpo di Ray Brower, un loro coetaneo uscito in cerca di mirtilli e mai più tornato.
Ci troviamo di fronte alla “classica ambientazione” dell’autore.
Ragazzini con famiglie disastrate che, spinti dalla curiosità, si ritrovano in un’avventura dai risvolti macabri.

– Il metodo di respirazione –

David, il narratore di questa storia, è un uomo di mezza età, notaio a Manhattan, associato ad uno strano club in cui i membri, oltre a leggere, discutono e si raccontano storie.
Il giovedì prima di Natale, l’anziano medico Dr. McCarron rivela la storia di una paziente incinta e del suo parto, avvenuto in modo incredibile.
Una storia agghiacciante.

CURIOSITÁ:

– In “Un ragazzo sveglio” Dussander ricorda di aver usato, dopo la guerra, una banca del Maine per acquistare dei titoli con uno pseudonimo. Afferma, inoltre, che il banchiere che glielo ha procurato è stato arrestato per l’omicidio della moglie un anno dopo l’acquisto. Tale personaggio è Andy Dufresne, protagonista del racconto Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank.

– Sempre in “Un ragazzo sveglio”, Ed French menziona che il numero della sua camera è il 217, la stessa del famoso Overlook Hotel in Shining.

– Ne “Il corpo” viene menzionato Cujo, san Bernardo protagonista dell’omonimo romanzo.

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