LLOYD, UN UOMO ALLA DERIVA (THE STAND)

 

Lloyd Henreid è un personaggio secondario – e antagonista – del romanzo “The Stand” di Stephen King.

Un criminale che, di certo, non spicca per intelligenza.

Alla vigilia dell’epidemia di super-influenza si imbatte in Andrew “Poke” Freeman, un detenuto pericoloso e crudele.
Alimentati da droga e alcolici, commettono vari reati minori fino all’assalto della stazione di servizio di Burrack.

La rapina va male: due clienti vengono uccisi, Poke viene colpito dagli agenti e Lloyd catturato e arrestato.
Detenuto in un’ala della prigione municipale di Phoenix, Lloyd si trova, ancora una volta, nel luogo sbagliato al momento sbagliato.

La super-influenza si abbatte sulla città, uccidendo tutte le guardie carcerarie e i detenuti. Tranne lui.
L’uomo viene, di fatto, dimenticato nella sua cella a morire di fame.

Lloyd prova a sopravvivere bevendo l’acqua del gabinetto, mangiando ratti e divorando, in preda alla disperazione, la gamba del suo compagno di cella.
Viene trovato mezzo morto da Randal Flagg che lo salva in cambio della sua fedeltà più totale.

Ma perché mi piace tanto?

Lloyd – che nella miniserie è interpretato magistralmente da Nat Wolff – è un uomo alla deriva.

Vittima di una società crudele e schiavo delle sue stesse debolezze e pulsioni.

È un corrotto, spaventato e senza direzione che vuole essere premiato e lodato per meriti che non gli appartengono.
Alla costante ricerca d’approvazione, si camuffa per non rivelare – nemmeno a se stesso – una triste verità: il suo stato di puro e semplice vittimismo.

È in un limbo, immobile.

A metà strada tra una forza di volontà troppo debole per permettergli di agire e un’apparenza errata, ma ormai radicata, che lo costringe a comportarsi come la persona che non è.

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