LADY BATTLE COP

 

Allora: RoboCop lo conosciamo tutti… ma “Lady Battle Cop”?

Prodotta dalla Toei nel 1990, due anni dopo la distribuzione del film di Verhoeven in Giappone, la pellicola rientra nel genere tokusatzu (film e serie TV live-action che fanno grande uso di effetti speciali).

Lo scenario è quello di un futuro prossimo, nella città di Neo Tokyo.
In visita al centro ricerche sperimentale dove lavora il fidanzato cyborg Naoya, la tennista di fama internazionale Kaoru Mikoshiba viene ferita a morte quando l’organizzazione criminale Team Phantom (lo so, dal nome sembrano dei cattivi dei Pokemon) attacca la struttura.
Per salvarla è quindi necessario trasformare anche lei in cyborg, cosa che però finisce col costare la vita a Naoya.

In sua memoria ed equipaggiata con l’armatura sperimentale “Battle Cop Suit” su cui l’uomo stava lavorando – ovviamente ricca di armi e gadget speciali – Kaoru comincia quindi a dare la caccia ai membri del Team Phantom così da ottenere vendetta e liberare la città dalla loro presenza.
Per farlo dovrà scontrarsi anche con Amadeus, un assassino psicopatico che alcuni esperimenti illegali hanno dotato di poteri psichici.

Ovviamente, Lady Battle Cop è un B-movie creato direttamente per il mercato dell’home-video. E pur prendendo molto da RoboCop a livello di trama, inquadrature e iperviolenza, cerca a modo suo di differenziarsi quanto basta per non essere proprio un plagio senza vergogna e, anzi, aggiunge anche elementi nuovi e originali (e a basso budget).
Oltre alla già citata presenza di poteri psichici, per esempio, a differenza del cyborg americano, l’armatura indossata da Kaoru è completamente rimovibile e lei può farsi passare per un essere umano normale senza alcun problema. L’unico elemento strano sul suo corpo è infatti un connettore elettronico impiantato nell’addome, presumibilmente quello che usa per interfacciarsi con la sua Battle Suit (che incorpora tacchetti, un orecchino appeso direttamente al casco e un rossetto rosso perfetto, senza sbavature).

Comunque sia, anche se originariamente era previsto che l’opera lanciasse un franchise (come testimonia il claim “la sua lotta è appena iniziata” che appare sul finale), visto lo scarso successo ottenuto, non furono mai prodotti sequel o altre derivazioni di sorta.

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