DIECI STORIE DELL’ALTRO MONDO

 

“Dieci storie dell’altro mondo” è una raccolta di racconti che si legge volentieri ma non così immediato come vuole apparire.

I personaggi di Lafferty e le sue storie esagerate unite a uno lo stile particolare si incastrano con difficoltà in una singola categoria.
La trama, infatti, è spesso di secondaria importanza rispetto a tutto ciò che troviamo nelle sue opere che si contraddistinguono per l’uso originale del linguaggio e della metafora.

Uno in particolare: Sei miliardi di imbecilli, vincitore nel 1973 del Premio Hugo per il miglior racconto breve.

Albert è “l’ultimo degli imbecilli”, così stupido che non può imparare a fare cose semplici, costretto a inventare macchine estremamente complesse e potenti che facciano il lavoro al posto suo.

Lo seguiamo dalla scuola elementare – dove nasconde la sua incapacità di fare aritmetica inventando la calcolatrice – fino all’età adulta, quando le sue invenzioni lo conducono al successo.
Ma Albert vive afflitto da un disturbo particolare che lo rende incapace di “funzionare” senza le sue invenzioni.

“La sindrome dell’impostore” – termine coniato nel 1978 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes – descrive una condizione psicologica diffusa fra le persone con una carriera brillante, caratterizzata dall’incapacità di interiorizzare i propri traguardi e dal terrore persistente di essere esposti in quanto “impostori”.
A dispetto delle dimostrazioni esteriori di competenza, rimangono convinte di non meritare il successo ottenuto che viene ricondotto a fattori come “la fortuna” o “il tempismo”, oppure ritenuto frutto della sopravvalutazione degli altri.

Leave a Reply

Close