Ho terminato “Dune” questa sera e voglio scrivere le mie impressioni a caldo, senza pensarci troppo.
Stiamo parlando di un libro che definire intricato sarebbe riduttivo.
Scritto da Frank Herbert nel 1965, è il primo dei sei romanzi che formano la parte centrale e originaria del ciclo di Dune.
A questi si sono aggiunte, dopo la scomparsa dell’autore, altre serie, scritte dal figlio Brian Herbert.
“Dune” racconta di lotte tra casate, religioni, profezie, inganni, intrighi e tradimenti che si snodano attraverso una trama completa e inattaccabile dal punto di vista stilistico e della sostanza.
Un’ambientazione senza dubbio scenografica e curata nei minimi dettagli, frutto di un’operazione complessa capace di mantenere la coerenza dell’intreccio senza sbavature.
La trama, più o meno in poche parole, è questa:
La galassia è un impero decadente.
L’imperatore è sorretto dalle casate delle famiglie feudatarie, prima fra tutte gli Harkonnen che, se vogliamo descriverli correttamente, definirei come malvagi, avidi e subdoli.
Il romanzo inizia con il trasferimento della nobile famiglia degli Atreides sul pianeta Arrakis (Dune): il luogo più inospitale della galassia ma anche il più importante.
Nei suoi deserti immensi vivono giganteschi vermi delle sabbie, le cui larve producono “la spezia”, sostanza preziosissima per l’economia dell’intero sistema politico imperiale e non solo.
Su Dune vivono anche i Fremen, un popolo indigeno che dedica la loro intera esistenza al recupero di ogni goccia essenziale d’acqua, indispensabile per la vita nel deserto.
Il duca Leto Atreides insieme alla sua concubina Jessica (membro della sorellanza Bene Gesserit di cui parleremo più tardi) e il figlio Paul sono presto vittime di un agguato ordito dagli Harkonnen, intenzionati a riprendersi il controllo del pianeta.
Lady Jessica e Paul trovano così rifugio presso i Fremen dove il ragazzo sarà costretto a seguire il suo destino.
C’è stato un momento preciso che mi ha emozionato e, secondo me, racchiude bene la filosofia dell’intero libro.
Uno dei Fremen si è offeso per essere stato disarmato da Paul durante il loro primo incontro e lo sfida a un duello all’ultimo sangue.
Paul è un combattente bravissimo e, anche se non vorrebbe uccidere l’avversario, è costretto a finirlo.
La cerimonia funebre, è un momento molto toccante dove il ragazzo prende pienamente coscienza delle conseguenze delle sue azioni e ha il suo primo vero assaggio di quanto la vita di quel popolo sia aspra e crudele. A un certo punto, mosso dalla commozione, non riesce a trattenere le lacrime e inizia a piangere.
La cosa può sembrare normale ma genera grande impressione tra i Fremen che, per risparmiare acqua, piangono raramente.
L’atto di “donare l’acqua ai morti” assume per il gruppo un forte valore sacro che rafforza la convinzione di aver trovato in lui “il prescelto”.
Menzione d’onore per le Bene Gesserit: in assoluto la mia ”fazione” preferita.
Parola d’ordine: pianificazione.
Descritta come una sorellanza esoterica, i membri si sottopongono a un addestramento lungo anni al fine di ottenere poteri e abilità che all’esterno possono facilmente apparire come magici.
Sono leali solo a se stesse, tuttavia, per conseguire i loro obiettivi ed evitare interferenze esterne, spesso fingono fedeltà nei confronti di altri gruppi o individui.
Gli insegnamenti si focalizzano sull’equilibrio tra corpo e mente, ricordando molto da vicino le discipline orientali.
Il fine ultimo della Sorellanza è evolvere la specie umana verso una forma superiore attraverso la selezione genetica.
Dall’alba dei tempi programmano gli “accoppiamenti” per poter generare lo “Kwisatz Haderach” (colui che può essere in molti luoghi contemporaneamente): un essere perfetto i cui poteri mentali gli permettono di arrivare a concepire più dimensioni.