L’antagonista è il malvagio della storia.
E perché?
Poniti subito questa domanda quando pensi alla nemesi della tua opera.
Tanto nella letteratura quanto nei GDR, il cattivo non può essere solo la minaccia da scongiurare.
L’antagonista ha un ruolo narrativo molto importante: quello di mostrare all’eroe un’idea differente del mondo.
Che sia un singolo malvagio o una serie di nemici che si susseguono durante la storia, il concetto generale rimane lo stesso.
1. L’antagonista ha ragione
“Il cattivo della mia storia è cattivo perché mi serve un cattivo”.
Se vuoi renderlo credibile devi essere l’avvocato dell’antagonista, il migliore amico.
Anzi, di più.
Impara a vedere la realtà attraverso i suoi occhi.
In fondo potrebbe avere un obiettivo nobile o un’idea che, per quanto spietata, salverebbe delle vite.
Magari compie delle scelte che gli infliggono sofferenza ma il suo non è sempre e per forza un “male necessario”.
L’esperienza l’ha educato a essere così.
2. Gli antagonisti non reagiscono ma agiscono
Protagonista e antagonista sono personaggi: vivono, provano emozioni, ottengono successi, falliscono.
Entrambi attraversano il “viaggio dell’eroe” ma la nemesi è partita prima. Lui ha già affrontato delle sfide, o perché no, continua ad affrontarne.
Eroi e nemici percorrono strade che si intersecano ed è lì che accade il confronto.
3. Evita i cliché
Il cattivo non deve essere la caricatura di se stesso.
“Un signore del male seduto sul trono d’ossa accarezza il suo gatto posseduto bevendo caffè senza zucchero in attesa che l’eroe venga a bussargli il portone del castello nero.”
Se si arriccia la punta dei baffi e ha una risata tetra ho disegnato il quadro completo.
Da evitare anche i titoli come: l’Oscuro, il Malefico, il Crudele.
I soprannomi vanno bene e sono pure evocativi ma può capitare che il tuo antagonista voglia essere un po’ più discreto.
Immagine: Roman Ankenbrandt, Pinterest