La fine dell’eternità (The End of Eternity) è un romanzo di fantascienza di Isaac Asimov del 1955.
La storia costituisce il presupposto narrativo dei successivi cicli di romanzi asimoviani.
Andrew, è un tecnico manipolatore del tempo appartenente alla casta degli Eterni, uomini che a partire dal XXVII secolo in poi hanno deciso di eliminare tutte le imperfezioni dalla realtà.
IL GRANDE PASSO
Meglio un’esistenza imperfetta, segnata da errori e conflitti o una vita incasellata in una rassicurante tranquillità?
Il tema della libertà, in tutte le sue forme e della fallibilità è davvero ricorrente negli scritti di Asimov ma mai ridondante o noioso.
L’umanità paragonata a un bambino che deve imparare a camminare e cadere per poter capire come ci si rialza.
Che compie le sue scelte culturali, storiche e naturalmente tecnologiche perché non può proprio farne a meno.
L’uomo è visto come un esploratore incapace di accettare la restrizione: in gabbia si è destinati a sopportare la vita fino al giorno della morte.
Questo libro sta proprio alla base di quello che, un giorno, sarà l’Impero galattico.
Citato anche nell’Orlo della Fondazione (quando il vecchio Dom racconta a Trevize e Pelorat un’antica leggenda che parla degli Eterni e del loro modo di modificare il tempo) e connesso con il Ciclo dei Robot.
Il romanzo nacque dalla rielaborazione di un racconto che Asimov aveva finito di scrivere il 6 febbraio 1954.
Aveva avuto l’idea vedendo in una vecchia rivista (del 1928): un’immagine di un geyser che ai suoi occhi era sembrato un fungo atomico -che non avrebbe potuto esistere in quell’anno-
Incentrato sul tema del tempo e dei suoi paradossi risultava fin troppo originale e slegato dal mainstream fantascientifico della sua epoca.
Una brillante celebrazione del valore dell’ingegno e della creatività.