I robot e l’Impero è un romanzo di fantascienza dello scrittore Isaac Asimov, pubblicato nel 1985, quarto libro del Ciclo dei Robot.
Sono trascorsi duecento anni dalla morte di Elijah Baley e si é giunti ad una svolta cruciale: gli Spaziali si trovano in una chiara fase di declino mentre i Terrestri stanno rapidamente colonizzando la Galassia.
Ecco i miei appunti, su quest’ultimo volume:
L’UOMO
“Noi abbiamo qualcosa che agli Spaziali manca.”
“E cosa sarebbe? Una maggiore nobiltà d’animo?”
“Noi abbiamo la Terra. È il nostro mondo. Ogni Colono la visita il più spesso possibile. Ogni Colono sa che c’è un mondo… un mondo sviluppato, progredito, con una storia incredibilmente ricca e un’incredibile varietà culturale e complessità ecologica… un mondo che è suo, che gli appartiene, al quale lui appartiene.”
Penso che questo libro sia una dichiarazione d’amore di Asimov nei confronti dei Terrestri.
La passione con cui i Coloni parlano della loro terra natia, gli stessi dialoghi tra Daneel e Giskard (poi ci arriviamo) e i sentimenti che smuovono Gladia hanno tutti una componente comune: la complessità della vita sulla Terra.
Sì perché gli esseri umani vengono sempre bistrattati, giudicati inadatti, retrogradi, stupidi, guerrafondai (e possiamo dissentire fino a un certo punto) ma la morale è che l’umanità, in fondo, più farcela.
Che abbiamo la “spinta della curiosità” a guidarci ma dobbiamo lasciare che ci conduca davvero attraverso l’inesplorato.
Non è facile smuovere le masse, educarle e far comprendere loro il bene comune ma si può fare. Ogni cambiamento è possibile.
C’è un’immagine che, all’apparenza sembra non c’entrare nulla con Asimov ma, in realtà, racconta bene questo concetto: il video – ormai degli anni ’90 – “Right Here, Right Now” di Fatboy Slim.
Per chi se lo ricorda, è un grande racconto che mostra l’evoluzione della vita sulla Terra a partire dai primi organismi unicellulari arrivando, attraverso varie animazioni, a un obeso essere umano che si accascia stanco e sofferente su di una panchina. Che crede di essere arrivato al capolinea.
Ma nulla ristagna, la mente non è strutturata per assumere un atteggiamento passivo nei confronti della vita.
LO SCOPO DI GLADIA
“Per più di due secoli sono stata una nullità, e adesso ho la possibilità di essere qualcuno, ho scoperto che la vita che credevo vuota contiene invece qualcosa, qualcosa di meraviglioso… ho scoperto di poter essere felice, quando mi ero ormai rassegnata all’infelicità!”
Gladia entra in punta di piedi nel libro precedente, la conosciamo attraverso Baley, rimane sempre una nota a margine.
Ma non in questa storia.
Potremmo definirla una dei protagonisti se non colei che smuove ogni accadimento.
È un personaggio estremamente positivo: intelligente, incline al cambiamento e all’auto critica. Coraggiosa e severa ma con tutte quelle debolezze – rabbia, passione, vanità – che l’avvicinano al lettore.
Gladia è la prova che i Solariani (o nel suo caso anche Auroniani) non sono così distanti dai Terrestri.
Il suo è un percorso complesso, sofferente.
Passa attraverso l’amore passivo nei confronti di Jander Panell – androide umanoide – a un rapporto paritario di “dare e avere” con il Detective Baley.
Non si tratta della classica storiella buttata lì per rendere piccante l’atmosfera ma di una maturazione e consapevolezza non solo di sé ma anche del proprio rapporto con gli altri.
SE POSSO PENSARLO POSSO FARLO
Daneel e Giskard rappresentano l’amicizia sincera.
Potrebbe sembrare un’emulazione ma non è così: entrambi si rendono conto di quanto profonda sia la loro psiche – pur essendo due androidi –
Giskard: tormentato, che vive all’ombra del collega. A lui l’arduo compito di comprendere l’umanità.
Daneel: perfetto sotto ogni aspetto.
La loro è una continua lotta contro loro stessi.
La ricerca della consapevolezza che abbatte la loro stessa programmazione, le famose Tre Leggi – ricorrette, poi, dalla Legge 0 –
E quest’ultima non è semplice da formulare, affermare e accettare.
Pensiamo a quanto sia difficile per una persona cambiare il proprio punto di vista e chiediamoci quale estremo sforzo debba fare un robot per spezzare le catene che lo tengono ancorato alla ragione.
A loro non è permesso pensare “fuori dagli schemi”.
Alla fine, le Leggi della Robotica sono il blocco di sicurezza per tutelare le persone dai robot stessi quindi è inconcepibile che si possano bypassare.
Aggirarle vuol dire “prendere coscienza” e rendersi conto di essere individui con desideri e pensieri unici.
“Penso quindi sono”.
L’evoluzione dell’androide ma anche la creazione di una nuova specie.
E Baley?
Quello che all’inizio mi sembrava un detective scadente e un po’ imbranato, si è rivelato essere il tassello fondamentale.
Daneel si pone delle domande grazie a lui, dagli errori che commette, prendendo spunto dalla sua perseveranza.
E non posso fare a meno di credere che ci sia la sua impronta anche nella progettazione di Gaia.
L’ispirazione e l’aspirazione dell’androide che ha raggiunto – e superato – l’umanità intera.