LA CADUTA DEI DANNATI

 

“La caduta dei dannati” 1620 di Peter Paul Rubens.

Un quadro che ritroviamo spesso nella serie televisiva “Dark” e un’opera dai mille significati.

Conservato alla “Alte Pinakothek di Monaco”, l’opera misura 286 per 224 centimetri.

Scelto come emblema esoterico della fiction, ci rimanda subito all’Apocalisse ma per apprezzarne davvero il senso occorre analizzarlo.

Ci troviamo di fronte a una storia violenta. Come segnala la stessa pinacoteca: “non ci sono i beati, gli intercessori, Maria e Giovanni”.
A differenza del Giudizio Universale di Michelangelo, qui, è narrata solo la dannazione.

Nella parte superiore vediamo l’Arcangelo Michele che emana un bagliore accecante mentre i corpi dei dannati, spinti da angeli caduti, cadono nell’abisso.
Al centro figure distorte vengono lacerate dalle bestie e punzecchiate dai diavoli. In basso, altri mostri si riuniscono per divorare quel turbine di carne.
I personaggi sono allegoria dei peccati sia per la loro anatomia sia per le loro posizioni: il leone per l’ira, il serpente che rappresenta orgoglio e invidia e il lupo l’avarizia.

Il British Museum conserva un disegno preparatorio di The Fall of the Damned – così il titolo dell’opera per gli anglofoni – dove la fusione tra umani e demoni è ancora più chiara, implacabile.

Un quadro che non trasmette speranze né redenzione.

Fonte: l’intellettuale dissidente.

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