
Oggi al MARTEDÌ DELLO XENO delle creature dal nome buffissimo, nate dalla penna dello scrittore Robert A. Heinlein (autore, tra le altre cose, di “Fanteria dello Spazio”).
I gattopiatti, in lingua originale “flat cats” sono strani esseri di forma discoidale grossi all’incirca quanto una torta, originari del pianeta Marte.
Interamente ricoperti di pelo rossiccio, non hanno arti, orifizi o, in realtà, altre fattezze distinguibili a parte tre piccoli occhi neri posti su un’estremità del corpo.
Il loro nome deriva dal fatto che, se accarezzati, emettono un suono simile alle fusa di un gatto che le persone trovano rilassante. Si tratta, infatti, di semplici animaletti da compagnia.
Piccolo problema: nascono già gravidi e si riproducono a una velocità impressionante, anche poche ore, sfornando di volta in volta cucciolate da 5-8 esemplari (in media). Cosa che, se non viene tenuta sotto controllo, conduce inevitabilmente a un problema di sovrappopolazione.
Ed è esattamente ciò che succede nel romanzo di cui sono protagonisti, “L’invasione dei gattopiatti” (in originale “The Rolling Stones”), del 1952, edito in Italia da Rizzoli.
Qui la famiglia Stone, impegnata in un viaggio turistico per il sistema solare a bordo della loro astronave, acquista un esemplare proprio su Marte ma ben presto si ritrova il veicolo strapieno di gattopiatti. Tanto che saranno costretti a ibernarli per impedirne l’ulteriore riproduzione e il consumo di tutte le provviste.
Poi li rivenderanno a dei minatori su una vicina fascia di asteroidi.
Se la storia vi sembra familiare e vi ha ricordato i ben più famosi Triboli di Star Trek… beh, avete ragione: le due creature sono sorprendentemente simili.
Infatti quando uscì l’episodio “Animaletti pericolosi” della serie originale, nel 1967, nonostante l’autore David Gerrold abbia dichiarato di non essersi ispirato volontariamente al romanzo di Heinlein, quando apprese della somiglianza si preoccupò di contattare lo scrittore per chiedergli il permesso di utilizzare l’idea.
Heinlein non ebbe nulla in contrario, indicando tra l’altro come possibile fonte d’ispirazione anche il racconto del 1905 “Pigs is Pigs” di Ellis Parker Butler (dove eventi simili accadono con dei porcellini d’India), ma chiese in cambio una copia autografata del copione.